martedì 30 giugno 2020

rinascita

Cara piccola Cris,
oggi compi 10 giorni! Auguri!
Lo sai che non vedo l'ora di vederti dal vivo?

Tu, che mi hai "ascoltata" e sei nata in anticipo di un paio di settimane e hai portato con te una nuova coscienza di me: chissà che piccola teppa furbetta che diventerai (e che già sei).

Con te è fiorita dentro di me la consapevolezza che se non riesco a vedere la fine della mia ultima chemioterapia come una "fine" di qualcosa (troppi esami già segnati, troppo tempo dentro un ospedale già programmato per la mia prossima vita), riesco però a vederla come un "inizio" di qualcosa.

Come tu che sei venuta al mondo e hai cominciato una serie di giorni nuovi di pacca pieni di cose da imparare, assaporare e vivere, allo stesso modo io non sono più quella di prima e ho da imparare nuovamente quasi tutto, a partire dal prendermi cura di me stessa.

Mi hanno sempre parlato del momento in cui si percepisce che c'è una sorta di rinascita, ma credevo che non mi sarebbe successo, invece eccomi qui, nasco con te, a qualche ora da te.

Il 23 giugno, è la mia rinascita non perché ho fatto l'ultima infusione, ma perché è il giorno in cui mi sono realmente concessa la possibilità di iniziare di nuovo.

Devo ancora capire verso dove andare, come, e cosa comporterà tutto ciò oltre all'avere una cover con i glitter rosa e un fenicottero di sfondo, ma intanto sono spuntata.



Cara Anna,
Il silenzio ha preso possesso di me.
Non sono più riuscita a scrivere, a disegnare, a dipingere.
Ho fatto raramente qualche foto, ma principalmente le mie giornate sono scivolate l'una sull'altra senza giustificazioni di sorta, con una Figlia che si è fatta una frattura a legno verde del radio sx.

Ho finito da una settimana le sei chemioterapie che avevo in programma.
Sono ancora in un forte stato di prostrazione e un pochino in continuo pensare.
Sono sempre in astinenza alcolica volontaria, almeno fino a quando i miei esami non saranno decenti. 

Ho prenotato il lavaggio per port, che mi accompagnerà ogni mese e mezzo per i prossimi due anni almeno.
Ho prenotato la tac per settembre, più altri esami da qui a febbraio.

Sono gonfia: mani, viso, corpo... umore.

Vorrei tantissimo togliermi dal cuore e di dosso tutto questo percorso in salita e vorrei ridere un pochino serenamente di piccole cose da nulla.

Vorrei programmare solo cose belle e riposanti.

Giugno, carezza sul mio volto, grazie per essere stato lieve nonostante tutto.


venerdì 24 aprile 2020

di fari e di ing.

Caro ing.
amico mio di malattie autoimmuni dagli occhi blu,
oggi è l'ennesimo momento di questa quarantena che mi fa odiare il non poter uscire di qui.
Perché sappi che oggi avrei preso la macchina, mi sarei fatta dare l'indirizzo e sarei venuta da te con una birra. Anzi no, avrei infranto i miei 125 giorni senza alcool e le birre sarebbero state due.

Oggi si è spento un faro, il tuo faro, improvvisamente, come se un'onda più alta avesse di colpo bagnato la cera della candela residua e io, il tuo dolore lo posso solo immaginare.

Sono certa che parte di quello che sei è per come era lui, come sono certa che pedalare da solo in salita ora faccia del gran male.

Ma dietro di te ci sono i tuoi figli, che guardando davanti vedono te e sanno che con te ce la possono fare, che qualsiasi salita con te è unica e meravigliosa nonostante tutto.

Tu, che dismetti i panni di gregario e diventi a tutti gli effetti il nuovo faro, che per loro illumina il mare nella notte anche in tempesta.

Ti aspetto per sederci con una birra in mano a guardare il panorama in silenzio.

Un lungo, lunghissimo silenzio carico di tutto quello che è inutile dire a voce alta.

Ti abbraccio forte.



venerdì 17 aprile 2020

indugiamo

Caro Giorgio,
grazie.

Riguardo le foto che mi hai scattato per il progetto #indugiamo e sorrido.
Avrei voluto tante volte essere fotografata da te e non c'è mai stata l'occasione ne lo spirito giusto.

Questa volta è stato voluto o forse è solo capitato l'attimo giusto in un turbine di attimi "sbagliati".

Eppure guardando quelle foto sono quanto di più diverso ho pensato di me in una fotografia.

Perché ho i capelli corti, bianchi e radi.
Perché sono gonfia e pallida nonostante il trucco.
Perché sono tutto fuorché bella rispetto ai miei canoni.

Eppure le guardo e sorrido.

Sono io, quella lì.

E il riflesso è più forte e incisivo di quello dello specchio del bagno che ogni giorno ignoro volutamente.

Non ho problemi a farmi vedere come sono, non ho problemi a mostrare la cicatrice da macellaio che porto a destra per l'inserimento del port (che mi trasforma in un borg di Star Trek), anzi. E' come se quella cicatrice fosse una sorta di medaglia, un'àncora, o meglio una boa che mi tiene a galla. 

In questo momento è come se volessi urlare che sono così per questo motivo.

Però non sono in grado di guardarmi negli occhi.
Di fare pace con me stessa.

Così guardo le tue foto.
Sorrido di come mostro la mia corazza di cartapesta,
sorrido per i libri che hai scelto per me
e mi chiedo se anche gli altri vedono tutto quello che vedo io dietro queste foto, che le rendono un regalo prezioso soprattutto per me: un progetto privato dentro un progetto pubblico.

Un progetto nascosto dentro uno esposto alla luce del sole che faticava uscire a Torino il giorno delle foto.

Indugio su me stessa, per curarmi, per salvarmi, ed è bellissimo.


mercoledì 15 aprile 2020

La coperta di confortante normalità

Cara zia Cris,

E' arrivata di notte, a passi lenti e prendendo alla gola.
E' arrivata con il ricordo dell'angoscia non espressa al ritorno in camera dopo l'operazione.
Così, una notte, dopo aver sognato esattamente tutto quel momento, angoscia compresa che finalmente ha trovato sfogo, tutto ha cominciato a fluire.

E dopo quello è arrivato il resto, con gli interessi.

La certezza che niente sarà più come prima.
Niente.

Dopo l'operazione, credevo che alla fine,
se avessi ignorato un po' la cosa,
se fosse diventata abitudine del mio vissuto,
tutto avrebbe potuto assumere i contorni di una confortante normalità.

Certo niente altri figli.
certo scompensi ormonali,
certo altre amenità.

Ma,
se avessi guardato solo il lato al sole della faccenda,
il bicchiere mezzo pieno,
se avessi indossato gli "occhiali rosa",
la calda copertina della confortante normalità sarebbe stata con me.

Invece no.

Non solo per la mia salute,
non solo per il Covid,
ma per altre amenità e mattoni che mi sono crollati addosso in questi mesi.

Con un po' di fortuna si riuscirà a costruire un nuovo modo di vivere, ma la verità è che devo cominciare a crearmelo questo nuovo mondo che al momento non c'è ancora neanche in fase embrionale.

Se da un lato l'accorgermi di questa cosa ha come avuto un potere "rilassante" di scioglimento, e ha anche i contorni di una avventura, dall'altro lato è lievemente destabilizzante trovarsi a non sapere cosa sarà del domani e non avere orizzonti certi.

Ricominciare da me e da me intorno aggiustare tutti i pezzi, accomodando quelli che si può, eliminandone sicuramente di altri e perchè no, trovarne di nuovi.

Ci si prova.
Un passo per volta, ancora.

martedì 7 aprile 2020

Stasera c'è la luna piena

Cara Figlia,
stasera c'è la luna piena, la luna di Pasqua, enorme, gialla e luminosa come un occhio di bue.
Illumina il lato oscuro della mia anima che in questi giorni è sempre più preponderante.
Mi accarezza in volto e mi sussurra una melodia leggera.

Troppe ferite da lenire, troppi tagli sulla pelle e sul cuore.

Non ci sono altri momenti oltre l'adesso, il qui, l'ora.

Una piccola isola con mare, senza niente altro che pace e silenzio.

Domani, terza chemio e tu sei dai nonni.

Ti rimbocco le coperte, ti bacio sulla fronte.

Buona notte.

venerdì 3 aprile 2020

Cara Anna,
Il sole sorge, il sole tramonta e passano rapide le ore che stanno nel mezzo.
Io cammino a mezza velocità, fiaccata nel fisico e nell'umore.
Aprile è arrivato e porta con sé il mio giorno natale, due chemio e altri esami e ha per strascico una serie di brutte notizie che si aggrappano con le loro spine al terreno e rallentano ulteriormente il mio cammino già rallentato.

Vorrei solo cose belle, giornate calde, sole sereno, sorrisi, torte di compleanno, regali semplici, fiori, e tante tante risate.

Vorrei un aprile gioioso, senza lacrime, senza dolore.

Vorrei i miei iris che non danno cenno di voler generare fiori quest'anno.

Vorrei liberarmi da tutto questo senso di oppressione. 
Forse basterebbe questo:
riuscire a vivere.