venerdì 24 aprile 2020

di fari e di ing.

Caro ing.
amico mio di malattie autoimmuni dagli occhi blu,
oggi è l'ennesimo momento di questa quarantena che mi fa odiare il non poter uscire di qui.
Perché sappi che oggi avrei preso la macchina, mi sarei fatta dare l'indirizzo e sarei venuta da te con una birra. Anzi no, avrei infranto i miei 125 giorni senza alcool e le birre sarebbero state due.

Oggi si è spento un faro, il tuo faro, improvvisamente, come se un'onda più alta avesse di colpo bagnato la cera della candela residua e io, il tuo dolore lo posso solo immaginare.

Sono certa che parte di quello che sei è per come era lui, come sono certa che pedalare da solo in salita ora faccia del gran male.

Ma dietro di te ci sono i tuoi figli, che guardando davanti vedono te e sanno che con te ce la possono fare, che qualsiasi salita con te è unica e meravigliosa nonostante tutto.

Tu, che dismetti i panni di gregario e diventi a tutti gli effetti il nuovo faro, che per loro illumina il mare nella notte anche in tempesta.

Ti aspetto per sederci con una birra in mano a guardare il panorama in silenzio.

Un lungo, lunghissimo silenzio carico di tutto quello che è inutile dire a voce alta.

Ti abbraccio forte.



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